Recensione

Euridice Gusmao che sognava la rivoluzione

Antonia Boschini

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TITOLO: Euridice Gusmao che sognava la rivoluzione
AUTORE: Martha Batalha - brasiliana - vive in USA
EDITORE: Feltrinelli Narratori - prima edizione agosto 2016
ISBN: 978-88-07-03202-8
ARGOMENTO: Storia di una donna incapace di arrendersi

Racconta di...

Il titolo in italiano sembra molto esplicito rispetto a ciò che narra il libro. In realtà il titolo originale in portoghese "A vida invisivel de Euridice Gusmao" esprime molto meglio l'essenza e la trama di una storia ordinaria che diventa via via straordinaria, pagina dopo pagina.

E' il racconto della vita di Euridice nel contesto familiare del Brasile anni '40, in un quartiere di Rio de Janeiro, dove la sua vita si intreccia a quella di altri personaggi che colorano con le loro storie la narrazione principale.

Ma è anche e soprattutto la storia di un rinnovamento continuo della protagonista, rinnovamento che, seppur osteggiato e non considerato dal mondo che la circonda, assume la forza di una rivoluzione non solo personale ma anticipatrice di tempi futuri.

Osservazioni...

Non conoscevo l'autrice e non ne avevo neanche sentito parlare. E' stato il libro che ha scelto me con il suo titolo un po' particolare. Non è un libro "triste", anche se il racconto di una vita inevitabilmente contiene tristezze. Al contrario, il sorriso affiora spesso sulle labbra, l'ironia aiuta a comprendere le felicità e le infelicità narrate, è una scrittura che definirei leggera, colorata e precisa, priva di ampollosità e giri di parole incomprensibili. E' il tipo di scrittura che preferisco perché è capace di far pensare senza deprimere.

Ho scelto di proporre questo libro perché penso riesca a dare alla parola rivoluzione un significato profondo e spesso poco riconosciuto. Di solito si associa questa parola a grandi movimenti di massa, a proteste anche violente o ad avvenimenti eclatanti. Ma dietro alle grandi rivoluzioni c'è prima di tutto un cambiamento di coscienza del singolo, un percorso di evoluzione ed emancipazione che ciascuno deve percorrere da sé, affrontando la fatica e i fallimenti. Euridice percorre questa strada senza fare troppo rumore ma determinata a cercare una pienezza di vita che possiamo chiamare liberazione. E' un invito per tutti a scoprire la propria strada, non per ottenere un riconoscimento da parte degli altri, ma per affermare la dignità propria di ogni essere umano.

Piccola lettura...

Tratto da pag. 14 - Perché Euridice - dovete saperlo - era una donna brillante. Se le avessero consegnato dei calcoli elaborati, avrebbe progettato ponti. Se le avessero consegnato un laboratorio, avrebbe inventato dei vaccini. Se le avessero consegnato delle pagine bianche, avrebbe scritto dei classici. Ma ciò che le consegnarono furono mutande sporche, che Euridice lavava molto velocemente e molto bene, per sedersi poi sul sofà a guardarsi le unghie e a pensare a quel che doveva pensare. E fu così che Euridice giunse alla conclusione che non doveva pensare. E che per non pensare doveva mantenere occupate tutte le ore della giornata e che l'unica attività casalinga che poteva offrirle quel vantaggio era quella che presentava il dono di essere quasi infinita nelle sue ricerche quotidiane: l'attività culinaria. Euridice non sarebbe mai diventata un ingegnere, non avrebbe mai messo piede in un laboratorio e non avrebbe mai osato scrivere versi, ma quella donna si dedicò all'unica attività concessale che avesse un qualcosa di ingegneria, scienza e poesia.

Tratto da pag. 44 - Il processo per convincere Antenor a investire nella macchina da cucire durò quattro giorni. Prima disse di no. Poi disse di no. In seguito disse ancora una volta di no. E poi disse:"Non insistere con questa storia di taglio e cucito che non ne posso più di questa solfa. Se è per far sì che io torni ad avere pace in questa casa, compra questa macchina, donna!". Euridice aveva appreso una delle più antiche tecniche di guerriglia femminile: l'attacco a ripetizione, quello che conduce gli uomini a dire di sì.

Tratto da pag. 136 - Euridice si sentì leggermente sollevata udendo le storie di Guida. Era inevitabile il confronto con Antenor, che lei aveva sempre saputo essere un buon marito. Almeno Antenor sapeva cos'era un colino. Il colino era quell'attrezzo che zia Dalva e sua moglie Euridice usavano quando preparavano il succo d'arancia affinché lui non morisse soffocato dai semini.